- Cantiere Urbano Beni comuni a Napoli Orientale CUraBellezza sognO - Aggiornamenti ad ottobre 2019
Il 10 ottobre, nell'aula Magna di Ingegneria a San Giovanni a Teduccio, si è svolto l'incontro promosso dall'associazione MERITA.
Ecco l' intervento di Cesare Moreno:
Nell’immagine il CUBO rilevato con il laser scanner.
Maestri di strada è un’associazione. Il nome è molto romantico ma la realtà non lo è altrettanto. Siamo un’associazione ma il vestito dell’associazione ci sta stretto siamo un’impresa sociale anche se i ritardi della legge non ci consentono ancora di esserlo formalmente. Lavoriamo in cinquanta , abbiamo un fatturato di oltre mezzo milione l’anno, abbiamo ‘ordini’ come dicono gli economisti per quasi 850.000 euro e diversi progetti in corso di approvazione. Tutto finanziato da fondazioni private (tranne un recente finanziamento comunale) significa che abbiamo dei contratti, delle fatture e una contabilità. Abbiamo tutte le caratteristiche di una impresa che è cresciuta in una situazione difficile dove troppi aspettano il ’contributo’ statale.
Nel manifesto di MERITA si parla di crescita sostenibile. Ormai la sostenibilità è diventata una parola d’ordine a proposito o a sproposito. Anche noi Maestri di Strada usiamo questo termine, ma in tutt’altro senso: il cambiamento sostenibile è quel cambiamento che la persona sente di poter sostenere. Vi è capitato di sentire: troppo bello per essere vero? Bene noi entriamo in relazione con giovani persone che spesso non sostengono il cambiamento, non riescono ad accettare che la loro vita possa essere migliore e diversa dai copioni prestabiliti solo perché hanno scoperto in loro delle risorse.
Bene tra queste due sostenibilità c’è una profonda relazione: non riesce a rispettare cio che gli sta intorno, il pianeta terra, chi non riesce a sostenere neppure il peso delle proprie risorse; chi dissipa e disperde la propria vita dissipa e disperde le risorse della Terra.
Tra ambiente, cultura, salute e capitale sociale che sono tra i punti qualificanti del manifesto c’è la stessa relazione.
Il capitale sociale non è un giacimento gratuito di risorse, il lavoro sociale non consiste nel riparare un tessuto sociale lacerato; bisogna svoltare su questa questione: il capitale sociale va creato. Gli etologi usano il termine ‘sociativo’ per indicare i gesti che producono socialità. Noi abbiamo bisogno di attività sociative, socio poietiche, che producono ed inventano la socialità. La scuola, anzi l’educazione che è molto più grande, ha il compito primario di tessere legami sociali.
La prima delle attività sociative viene dalla famiglia.
Non vi sto facendo un panegirico della famiglia tipo mulino bianco ma del ruolo fondamentale che hanno le relazioni di cura e la reciprocità della cura. Quindi parlo del fatto che se qualcuno non ha fatto esperienza di una cura sufficientemente buona, occorre che noi costruiamo le condizioni per realizzarla (abbandonare l’idea che ci sia ‘un treno dei bambini’ che li porti lontano): noi diciamo in breve che il fuoco del villaggio alimenta i focolari domestici ed il villaggio siamo noi, quelli che stanno intorno ai giovani che crescono. Ed abbiamo un problema: esistono anche i padri e le madri - simbolici - su scala sociale. Abbiamo un papà in città, uno in regione, uno a Roma e persino uno a Washington. Già, provoco gli educatori dicendo: Trump è il nostro papà mondiale, ed avere un papà così è un problema serio; per essere dei buoni educatori, per riuscire a contenere le oscillazioni adolescenziali e quelle ancora più forti di un ambiente degradato e criminale, le oscillazioni di un mondo interconnesso, significa andare contro corrente.
E qui vi dico un altro slogan perché il tempo è poco: noi maestri di strada abbiamo accumulato un buon capitale sociale perché “curiamo chi cura” perché tutti i mercoledì noi ci prendiamo cura di noi stessi, cerchiamo di medicare le tante ferite che raccogliamo nella periferia di questa città. Molte volte queste sedute sono piene di lacrime e ieri è stata una di quelle giornate. Voi non avete idea della quantità di dolore che questi cinquanta educatori raccolgono nei recessi di questa città, nel suo lato oscuro. (Qui ho dovuto fare un attimo di sosta per riprendermi).
Dunque se vogliamo costruire un capitale sociale dobbiamo curare chi cura. Sono necessarie fattorie del sociale, luoghi dove si producono legami, e su questi legami si sviluppa un’economia civile, quello scambio di ‘beni relazionali’ che il nostro Genovesi aveva chiamato economia civile.
Tutto questo – devo concludere – prende corpo nel CUBO di Ponticelli. Il CUBO è un Cantiere Urbano per il Bene comune a Napoli Orientale. Un luogo in cui CUra Bellezza e sognO circolano liberamente tra i giovani, tra loro e gli adulti, per produrre legami sani, per costituire le basi di una cooperazione sociale che porti anche allo sviluppo di microimprese. Un luogo in cui ogni conquista educativa diventi punto di partenza anche per una possibile attività produttiva. I nostri giovani usciranno dalla logica dell’attesa messianica del Posto, quando avranno imparato a fare impresa, non per diventare grandi capitalisti, ma per imparare la complessità e la cooperazione. Le imprese legate alle necessità di vita, per quanto piccole, sono quelle che resistono e talora si sviluppano. Viceversa troppe start up basate sulla densità di capitale piuttosto che sulla densità di relazione spariscono dopo aver consumato il capitale iniziale.
Nel nostro CUBO daremo dimostrazione pratica che i processi di partecipazione, l’economia civile, l’impegno verso l’ambiente e l’uso di tecnologie digitali possono svilupparsi assieme. Abbiamo già cominciato recuperando con un modello digitale 3D i disegni dell’edificio preso in affitto dal Comune di Napoli i cui originali sono andati distrutti in un incendio. Lunedì avremo gli ingegneri che faranno una visita approfondita con un radar alle strutture portanti dell’edificio … siamo in movimento, vi faremo sapere.