Scuole al centro - impegno per un rinnovato patto tra scuole e territorio

Scuole aperte, il grande flop nel quartiere del massacro
A Ponticelli, pare che nessun istituto aderirà al progetto scuola aperte. Il grido d'allarme viene dal «maestro di strada» Cesare Moreno. «Ho scritto a tutte le scuole del territorio di Ponticelli e alla Municipalità 6 per partecipare al bando: non mi ha contattato.
E non perché magari il contributo dell'associazione non interessi, ma perché hanno deciso di non aderire al progetto». Ma ci sono ancora dieci giorni per recuperare.
Così scriveva Il Mattino il 10 Giugno 2016. Ma per fortuna le cose stanno cambiando....
Ringrazio Il Mattino per il suo appello che sta già producendo dei frutti.
Vorrei aggiungere alcune informazioni: il Progetto si chiama “Scuola al centro” perché come è giusto il MIUR considera le scuole come il motore di questa azione educativa. Il coordinamento di qualsiasi attività è quindi delle scuole, fermo restando che il privato sociale può dare il suo contributo al coordinamento operativo.
La circolare ministeriale prevede un’ampia gamma di attività che devono essere scelte dagli attori concreti, tra cui ci sono anche gli studenti, per la prima volta in un progetto di questo genere viene valutato anche il contributo che gli studenti possono dare alla progettazione. A questo scopo Maestri di Strada si è messo a disposizione per realizzare degli incontri con gli studenti per associarli alla progettazione. Il tutto ovviamente gratis e a nostro rischio e pericolo qualora il progetto non venga approvato.
La proposta di Maestri di Strada coerentemente con quello che facciamo da sei anni nelle scuole del territorio prevede certamente attività che sono significative per i ragazzi ma non si recupera la scuola facendo ‘attività alternative’: le attività significative sono il punto di partenza per motivare i ragazzi a riprendere un processo di apprendimento. Il ministro e troppe persone sbagliano quando pensano che bisogna “accattivarsi” i giovani. I giovani hanno dentro di sé tendenze a disperdersi ma ancora di più vogliono sentirsi importanti e fare cose serie, se noi li catturiamo sulle cose “alternative” come facciamo poi a convincerli a ritornare sui compiti che non sono richiesti dalla scuola ma dalla vita? È dal tempo della giunta Valenzi – quaranta anni - che si “sperimentano” le scuole aperte mettendo in campo ‘attività piacevoli” ed accattivanti, alla fine la dispersione si è spostata avanti di uno o due anni ma è diventata ancora più forte. Dunque le scuole sono chiamate a fare una progettazione complessa in cui stanno insieme aspetti sociali, aspetti cognitivi riguardanti l’apprendimento, aspetti relazionali riguardanti il modo in cui i ragazzi e le famiglie vedono la scuola. Dunque non è così semplice come dicono le formule trionfalistiche dei governanti, questo è un motivo in più per impegnarsi.
Cesare Moreno
A tal proposito Maestri di Strada organizza delle attività estive nel mese di luglio a Napoli che prevedono:
- vari laboratori che devono unire la caratteristica della significatività per i nostri allievi (che non è sinonimo di interessante) con il miglioramento delle competenze di base per il cittadino attivo (leggere, scrivere e far di conto a livelli dignitosi per l’età)
- specifiche attività di recupero per ragazzi con lacune scolastiche, soprattutto nelle discipline scientifiche, storico-letterarie, giuridiche etc
Se siete interessati scrivete a Stefania Ferraro collabora@maestridistrada.it
Parte II
Siamo riusciti a presentare il progetto in 6 scuole: 3 istituti comprensivi a Napoli est dove operiamo da 20 anni, una in provincia, una scuola superiore del territorio, una scuola superiore a Roma (Ostia idroscalo). Complessivamente sono stati coinvolti 270 giovani allievi in prevalenza delle fasce di età più giovani, altri saranno coinvolti a settembre. E sono state coinvolte 28 madri di cui 9 hanno collaborato attivamente alla realizzazione degli interventi.
Cosa abbiamo fatto? Noi avversiamo in modo radicale l’idea che si faccia intrattenimento: i ragazzini di ogni età, le giovani persone che vanno a scuola non vogliono essere intrattenute vogliono cose significative, dotate di senso che li facciano crescere. Questo non significa prediche e morali ad ogni passo – tendenza insopprimibile di chi si sente investito del dovere di ‘dare lezioni’ – significa fare un lavoro per prendere coscienza dei significati: sono le parole giuste, buone e belle che danno il senso delle cose: una gita in canoa sulle acque di un limpido fiume può essere un diversivo buttato lì come si butta il cibo nel truogolo del maiale (“l’espressione napoletana per le cose buone buttate lì senza senso è “abbuffate puorco”). Oppure può essere un’occasione per crescere: la differenza sta nel servizio e nell’etichetta. I nostri ragazzi devono avere sempre un servizio a cinque stelle. Riempire gli occhi e il cuore di cose belle, scoprire che a mezz’ora dal caos urbano ci sono posti in cui la natura vive fuori dalle prigioni, che ci sono persone che coltivano insieme la buona terra e l’animo buono. Si può andare in una fattoria per guardare gli animali come allo zoo, prigionieri del nostro pensiero prima che dei nostri recinti, o per un incontro autentico in cui si stabilisce un dialogo ed una relazione con altri esseri viventi dotati di un proprio linguaggio e di una propria vita. Si può fare street art per riempire una parete oppure la si può fare per esprimere l’animo di giovani e giovanissimi che hanno difficoltà a farsi sentire, a sentire se stessi.
I nostri educatori, artisti, esperti ritornano da questi incontri con i nuovi allievi portandosi dietro l’innamoramento per qualcuno in particolare ed è quasi sempre un ragazzino o una ragazzina che ci è stato descritto come problematico. Noi incoraggiamo e ‘sorvegliamo’ questa seduzione reciproca, perché senza seduzione non c’è neppure educazione. Sorvegliamo perché in ogni caso è in agguato – da entrambe le parti – una seduttività collusiva che è l’opposto dell’educazione. Ma senza correre rischi non si educa.
Insomma in tutto e per tutto la nostra finalità è superare l’interdetto, è aiutare i giovani e noi stessi a superare i cartelli che intimano di non guardare oltre il muro. Non è difficile farlo; solo è difficilissimo cominciare.
Mentre eravamo nel pieno avvio del progetto “scuola al centro” arriva il bando regionale “scuola viva” (è bello o è triste vedere le istituzioni competere tra loro ignorandosi reciprocamente e prendendo posizione contro come ha fatto ripetutamente il nostro assessore all’istruzione?) Grande gioia, il progetto prevede – mettendoci le risorse e non solo le parole – tutto ciò che non era previsto in scuole al centro: attivazione del territorio, dei genitori, l’integrazione tra formale e informale e quant’altro. Ma soprattutto prevede un’azione che dura quaranta settimane e almeno due aperture pomeridiane a settimana. Grande delusione: a molte enunciazioni importanti dell’articolo 1 non seguono fatti operativi concreti, prima fra tutte l’attività riflessiva (noi la chiamiamo così e non formazione perché per noi è chiaro che il sapere professionale deriva dalla riflessione e non dall’”illuminazione”).
Seconda delusione: cambiano gli interlocutori: Finora abbiamo incontrato docenti disponibili a lavorare per migliorare la relazione con gli allievi, ora incontriamo docenti aspiranti manager (ovviamente non manager veri, ma manager da operetta che scimmiottano i manager visti in qualche telefilm) molto interessati ad accaparrare a sé e ai propri colleghi la percentuale più alta possibile dei 55 mila euro in palio. Questi spacciano moduli progettuali da 20, 30. 40 ore come si distribuiscono pop corn al cinema: vuoi un modulo, due. No tre è troppo. Bisogna dare un poco a ciascuno. In questo modulo bisogna mettere più docenti se no il collegio non approva. Mi sento le ossa rotte come se fossi stato pestato. In alcuni casi siamo riusciti a dire no: non ci stiamo a una lottizzazione del progetto. Abbiamo offerto gratuitamente di collaborare alla riflessione dei docenti, ma al momento mi sembra che l’accoglienza sia molto bassa. Il altri casi siamo stati gradualmente trascinati in questo vortice spartitorio: negazione totale dello spirito di integrazione che dovrebbe essere alla base di questo progetto. So di ottime cose promosse da altri (ad esempio forme di alternanza scuola- lavoro con requisiti molto significativi) e spero proprio che altri abbiano avuto migliore sorte della nostra. Ora non dico altro perché sono troppo scosso.