Cesare Moreno a TV2000

“Siamo Noi” - Creatività e passione: Educare è una sfida della comunità

Il primo aprile Cesare Moreno ha partecipato alla trasmissione “Siamo Noi” - Creatività e passione: Educare è una sfida della comunità su TV2000. Una buona occasione per sollevare un tema difficile. La comunità educante a volte è solo una espressione retorica, altre volte è una ideologia dietro cui si nasconde l’assenza di responsabilità reali, altre volte diventa un gruppo chiuso riservato ai professionisti e a quelli che si riconoscono in un certo credo pedagogico o sociale. Noi Maestri di Strada da molti anni stiamo cercando di costruire dei nuclei comunitari - di persone che si impegnano e sono corresponsabili della cura educativa - intorno ai giovani che crescono in una realtà difficile. Siamo ai primi vagiti di una creatura appena nata e molta strada deve essere ancora fatta.


Educare la comunità


Gabriella Facondo, presentatrice della trasmissione, approfondisce il concetto di educare la comunità e rivolgendosi al nostro presidente, chiede: Voi che avete fatto cadere gli steccati tra scuola, strada, interno, esterno come giudicate l’esperienza di una comunità educante?
C.M.: La comunità educante è al centro delle attività dei Maestri di Strada. Il detto africano: “per crescere un bambino ci vuole un villaggio intero” era già nostro, era nelle migliori esperienze educative, al cui centro c’è il legame tra il maestro e l’ambiente di vita dei ragazzi. L’educazione avviene per mandato di una comunità. Ma dove è oggi la comunità? Si è in gran parte persa. I Maestri di Strada “educano il territorio” i ragazzi sono il pretesto per raggiungere quegli adulti che hanno perso la capacità di fare il loro mestiere, che è quello di far crescere le nuove generazioni.
Interviene Massimiliano Niccoli, altro presentatore della trasmissione: è complicato fare questo in una realtà difficile?
C.M.: E’ complesso pensarci, farlo è facile perché i ragazzi basta guardarli negli occhi almeno una volta e ti seguono. Questo ormai lo sappiamo, abbiamo venti anni di esperienza. Non parlo dei ragazzi piccoli, ma di quelli arrabbiati, quelli abbandonati quelli che stanno sul confine tra legalità ed illegalità: basta guardarli una volta begli occhi e ti seguono. Quello che ò difficile è costruire le alleanze intorno a questi ragazzi. Per me questi ragazzi sono belli, puliti, generosi e quant’altro, per gli altri sono “brutti sporchi e cattivi”, e se io frequento persone così sono trattato come loro. O’Mast, oltre a essere O’Mast (il capo, anche se in realtra è l’acronimo di Onlus MAestri di STrada), è anche un disgraziato. Siamo maltrattati economicamente, normativamente … non veniamo considerati. Un po’ come succede agli adolescenti.                                                       Continua allora Niccoli - …Ma come? dovreste essere premiati!

Assolutamente no - risponde il nostro presidente - lavoriamo esclusivamente con soldi privati, lo Stato non investe su di noi. E questo avviene da sei anni. Ma questo in fondo è secondario, quello che è importante è il fatto che il più delle volte, quando noi entriamo in contatto con una realtà difficile, qualcuno si frega le mani e pensa: ecco, finalmente qualcuno che se ne occupa. Potrebbe sembrare strano, ma non lo è: anche per i rifiuti solidi urbani ci piace affidarli a qualcuno, ma poi chi è che si innamora di un netturbino o di un operatore ecologico? Noi siano coloro che si occupano dei rifiuti umani ed a questi siamo assimilati.
Interviene a questo punto Enrico Vaime – scrittore, autore e conduttore televisivo, radiofonico e teatrale – “Una realtà, quella di Napoli, con cui bisognerebbe fare sempre i conti. Persone così sono indispensabili per salvare la nostra faccia, Noi concediamo la nostra solidarietà autentica, ma la partecipazione è solo emotiva e non è pratica ed attiva, perché ci hanno disabituato ad intervenire, perché intervenire è faticoso. Non è spontaneo, richiede ragionamento, preparazione sacrificio, studio. Ecco perché sono pochi gli operatori veri e validi… E sono guardati con sospetto, forse si immagina che poi prendono il potere”.
Chiede allora Massimiliano Niccoli -  Se voi non ci foste quali sirene avrebbero?
C.M.: Le sirene sono tante. Il problema generale è: chi non cresce diventa dipendente. Dipendente da un padrone schiavista, da qualcuno che ti plagia, da chi ti passa una sostanza, alla fine anche da un camorrista. Il problema generale che noi abbiamo non è la camorra, ma la creazione di dipendenza negli esseri umani. Quando parliamo di comunità parliamo di un’altra cosa, del fatto che ciascuno di noi cresce se è interdipendente, se sta dentro una relazione forte. Quando riusciamo ad incontrare degli insegnanti ed una scuola – e ci stiamo riuscendo – che comprendono questo messaggio allora stiamo creando dei legami nuovi con questi insegnanti e con queste scuole e i ragazzi si sentono sostenuti. Gabriella Facondo incuriosita chiede: “ Ma chi sono questi ragazzi? In cosa Credono, di cosa hanno paura, cosa sognano? Cosa cercano?”
C.M.: Se cercassero qualcosa di ben definito saremmo a posto. La condizione giovanile è per definizione ‘errante’, in cui si sta cercando senza sapere cosa. Se io sapessi quello che voglio, non verrei da te a scuola. Il vero maestro non deve mettersi in cattedra per dare lezioni, ma deve essere capace di seguire il giovane nella sua erranza ed essere capace di guidarlo a trovare i legami giusti. Nelle nostre scuole medie di periferia abbiamo un ambiente misto: quello che non ha voglia di studiare, quello che non parla, quello che parla troppo, quello che tira le sedie, quello che urla, quello che si nasconde. Abbiano tutte le tipologie e da un punto di vista sociale abbiamo una certa varietà. Quindi non è una classe sociale predeterminata, ma dei giovani che stanno cercano se stessi e ci vuole qualcuno che li aiuti a trovarsi.
Massimiliano Niccoli - Sono predisposti a cercare se stessi, un futuro che sia migliore del proprio presente? Che voglie hanno?
C.M.:
Le voglie, i bisogni, sono quelli indotti da una società che ti offre delle merci. Noi diciamo che “ciascuno cresce solo se è sognato”, ed è la prima domanda che rivolgo agli educatori quando incontrano un ragazzo nuovo: ma tu come lo immagini domani? Delinquente, principe azzurro, cameriere in un bar?? Come fai a vedere in una persona debole, sbandata, incerta, che non sa bene cosa vuole, un progetto. Al massimo possiamo fare un sogno e il problema successivo è chi e come condividere questo sogno. Gabriella Facondo - Ma come fate? Incontrate un ragazzo di 18 – 24 anni che ha smesso di provarci, di cercarsi un lavoro….
C.M.: Faccio un esempio: un ragazzo al secondo superiore avendo 18 anni dopo aver subito diverse bocciature. Il padre gli ripete continuamente che fallirà, la madre che lo compatisce e lui stesso che non crede in sé. E’ questa la nostra sfida: scoprire dentro ciascuno la parte migliore. Spesso noi ci proviamo con l’arte, questo ragazzo che sembra incapace di fare alcuna cosa, quando ha in mano gli attrezzi per dipingere riesce a esprimersi. Non significa che deve diventare un artista, ma attraverso l’arte deve scoprire che è una persona bella, buona e ricca di futuro. La nostra scommessa - questo à la comunità educante - è di far conoscere a tutti quelli che stanno attorno a lui, a cominciare dai suoi genitori, che lui non è il bambino da coccolare o il bambino da sgridare, ma un adulto bello e pieno di prospettive.
 

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