PREMIO ANTONINO CAPONNETTO

Premio per la difesa della cultura alla legalità

"Rifiutate i compromessi. Siate intransigenti sui valori. Convincete chi sbaglia. Rifiutate il metodo del "saperci fare", questo vezzo italiano della furbizia. Non chiedete mai favori o raccomandazioni. La Costituzione e le leggi vi accordano dei diritti, sappiateli esigere, Chiedeteli, esigeteli con fermezza, con dignità, senza piegare la schiena, senza abbassarvi al più forte, al più potente, al politico di turno. Dovete esigerli! Questo è un imperativo che deve sorreggere tutta la vostra vita. Abbiate sempre rispetto della vostra dignità e difendetela."

IL 6 dicembre di ogni anno si svolge a Pistoia la premiazione di questo premio intotlato al giudice Antonino Caponnetto, in occasione della sua morte, avvenuta nel 2002. Con questo Premio si intende onorare la memoria del Giudice Antonino Caponnetto che fece di Pistoia la sua città di adozione avendovi abitato per circa trent‘anni e avendovi trovato la compagna della sua vita, la Signora Elisabetta Baldi Caponnetto. Un‘iniziativa ispirata al luminoso esempio lasciatoci dal giudice, nata per promuovere la cultura della legalità come strumento fondamentale per costruire e disseminare quegli ideali di giustizia, solidarietà e verità per cui tutti noi quotidianamente lottiamo. L‘iniziativa, promossa da Fondazione Un Raggio di Luce Onlus di Pistoia, Fondazione Antonino Caponnetto di Firenze e Centro di Documentazione e di Progetto Don Lorenzo Milani di Pistoia, conferisce un riconoscimento ad uno o più cittadini che si siano distinti nella difesa della legalità e/o nella diffusione della cultura della legalità sul territorio nazionale.

La cerimonia di premiazione si è svolta martedì 6 dicembre alle 17.30 nella Sala Maggiore del Palazzo Comunale di Pistoia e la mattina dello stesso giorno, i premiati e tanti altri ospiti hanno incontrato gli studenti degli istituti superiori del territorio. 

Quest'anno tra i premiati c'è stato il nostro presidente Cesare Moreno. 

"E’ stato un incontro straordinario, la conclusione di un percorso non cercata ma trovata come per caso. Gregorio Falco ha tenuto una ‘lezione’ sull’autorità e la responsabilità che spero possiamo riascoltare in qualche nostro incontro. Avevo un’idea ‘eroica e romantica’ del comandante che è l’ultimo a lasciare la nave. Gregorio ci ha spiegato che è anche e soprattutto un fatto funzionale: un’organizzazione complessa come una nave che trasporta cinquemila persone richiede che le operazioni di salvataggio siano dirette da quelli che sono stati addestrati per farlo, e che si conoscono tra loro e hanno costruito una fiducia reciproca nel corso del tempo. Quando si verifica una emergenza la catena di comando funziona se la dirige chi l’ha creata. Così se questi viene meno tutta l’organizzazione viene messa in crisi.

Dopo l’abbandono della nave da parte del comandante è stato necessario mandare un altro ufficiale a dirigere le operazioni di evacuazione e questa persona per quanto competente non poteva, nel pieno di una emergenza, avere la stessa efficacia del comandante. La seconda cosa che ha spiegato Gregorio è che in questi casi è necessario anche assumersi la responsabilità di violazioni consapevoli dei regolamenti: una scialuppa collaudata per 150 persone in quelle circostanze ne poteva portare tranquillamente anche qualcuna in più: non essersi assunta questa responsabilità forse è all’origine di alcune morti. Insomma ho rivisto nel suo racconto una scena che si ripete: persone poco competenti, e poco responsabili si affidano all’applicazione pedissequa di regole di cui ignorano il vero significato, facendo danno e avendo come unica preoccupazione quella di difendere se stessi. È l’ennesima descrizione della banalità del male: applicazione cieca ed irresponsabile di regole piegate al solo scopo di proteggere chi le applica.

Angelo Corbo ha raccontato in prima persona la sindrome del sopravvissuto, sopravvissuto alla strage di Capaci . Ha raccontato l’effetto devastante di essere considerato da un lato morto anche se vivo – tutti ripetono che a Capaci è morto Falcone e la sua scorta – dall’altro il senso di colpa perché sei ancora vivo. Una situazione che lo ha portato ad una crisi forse disperata finché non ha capito di dover chiedere aiuto. Ha incontrato una psicologa che lo ha aiutato a elaborare questa situazione e che lo ha invitato a proseguire la ’cura’ continuando a raccontare tant’è che di una parte di questi racconti ha fatto un libro. Angelo ci ha fatto vedere dal vivo il valore ‘terapeutico’ della narrazione, ci ha fatto capire fino a che punto il suo benessere e quello di tante persone che operano in condizioni difficili o estreme, sia legata alla possibilità di raccontarsi e di confrontarsi. Anche Angelo oggi è una ‘risorsa educativa’ un possibile ‘maestro di strada’.

Anche io ho ricevuto lo stesso “Premio Caponnetto” e non ho potuto fare altro che ringraziare per avermi inserito in questo gruppo e per avermi dato la possibilità di una verifica dal vivo di alcuni fondamenti del nostro lavoro: la narrazione, il gruppo, la responsabilità dell’esserci, l’autorità per sostenere. Grazie."

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